Il mito del Grande complotto by Salvatore Lupo

Il mito del Grande complotto by Salvatore Lupo

autore:Salvatore Lupo
La lingua: ita
Format: epub
editore: Donzelli Editore


Qui, come si vede, Rennell chiamava in causa il modo in cui, nei paesi collocati nelle aree «infette» della Sicilia centro-occidentale, l’AMG incontrò la mafia e i mafiosi. Su questo torneremo. Diciamo ora che in ogni caso, siano state poche o molte le nomine di sindaci vicini al MIS, non possiamo parlare di una vicinanza politico-generale degli Alleati (ovvero specificamente degli americani) al separatismo. Lo dimostrano gli studi già richiamati di Mangiameli e Renda, ma anche quello specifico di James E. Miller, che spiega come gli ufficiali e i funzionari americani impegnati sul campo in Sicilia guardassero con preoccupazione al movimento separatista sin dal periodo immediatamente successivo allo sbarco, giudicandolo «guidato da reazionari»13. Questa era anche la posizione del capitano statunitense William E. Scotten, che in una sua relazione del dicembre ’43 faceva un quadro impietoso del gruppo dirigente separatista: a suo dire composto da grandi proprietari terrieri, «più o meno importanti capi-mafia», «mediocri professionisti e politici» che, destinati a perdere il proprio potere «in una nazione avanzata» capace di varare le necessarie riforme sociali (l’Italia unita), cercavano di tutelarsi creando «uno Stato piccolo e arretrato» (una Sicilia indipendente)14. Poletti personalmente non dovette mostrare grande considerazione per Finocchiaro-Aprile, tanto da indurre quest’ultimo a lamentarsi per la sua «preconcetta avversione»15.

Più chiaramente gli Alleati mostrarono il loro orientamento a favore di una ripresa dell’idea unitaria a partire dal febbraio ’44, quando posero fine all’esperienza dell’AMG e riconsegnarono l’isola all’amministrazione del governo italiano (allora retto da Badoglio), tra le proteste appunto di Finocchiaro-Aprile & co. In quella fase, i militari americani impegnati sul terreno della politica italiana raccomandavano al loro governo di «opporsi fermamente» alle pressanti richieste di un qualche riconoscimento provenienti dal movimento separatista. Nell’agosto ’44, il colonnello A. N. Hancock, dai vertici della Commissione alleata di controllo, denunciava in particolare come quelle richieste fossero «piene di dichiarazioni false e di verità distorte […] fatte con l’evidente intenzione di ingannare»16.

Propongo, per chiarezza, una piccola sintesi della storia politica isolana successiva. Il governo italiano, recuperato il controllo dell’isola, istituì un Alto commissariato per la Sicilia, alla cui testa venne inizialmente collocato il già citato Musotto (considerato filoseparatista), poi (luglio) il democristiano Salvatore Aldisio. Da questo momento, la palla fu consegnata ai partiti siciliani del CLN, democristiani, socialisti e comunisti, nonché ad alcuni notabili prefascisti – tra i quali emerse il citato La Loggia. Tutti questi gruppi si muovevano decisamente verso la realizzazione di un’autonomia regionale, ma si dichiaravano unitari. Dunque, la loro linea politica non andava affatto a convergere col MIS, anzi, indicava una determinazione a fargli il vuoto intorno. Verso la fine del 1944 Mario Scelba, democristiano di Caltagirone (compaesano cioè nonché allievo di Luigi Sturzo), futuro ministro degli Interni dei governi del centrismo, dichiarò che per battere il separatismo bisognava trovare una soluzione della questione siciliana senza attendere la convocazione di un’assemblea costituente (nazionale) e senza aspettare che soffiasse forte il «vento del Nord»: vento che a suo dire, con il socialismo e il fascismo, aveva nel dopoguerra precedente provocato ogni genere di sconquassi.



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